Eventi e Cultura

Come finisce un amore: lo racconta “Clôture de l’amour”

CATANIA – Prosegue al Musco a ritmo serrarto il cartellone “L’isola del teatro”, con proposte interessanti che volgono lo sguardo anche alla scena internazionale. È il caso del pluripremiato “Clôture de l’amour”, testo e regia del francese Pascal Rambert, protagonisti Anna Della Rosa e Luca Lazzareschi, dal 2 al 7 dicembre 2014 della produzione realizzata da Emilia Romagna Teatro Fondazione.

Lo spettacolo ha debuttato ad Avignone nel 2011 e da allora la versione francese – vincitrice del Premio della Critica 2012, del Palmarés du Théâtre nel 2013 e del Grand Prix de la Litérature dramatique 2012 – è in tournée in tutto il mondo.

È il racconto della separazione di una coppia che cerca di mettere fine a qualcosa: alla propria storia comune, che vorrebbero chiudere per sempre. Sono mossi dalla rabbia e dalla necessità urgente di dividersi. In una grande stanza bianca, una donna e un uomo si parlano attraverso due lunghi monologhi, che non arriveranno mai a farsi dialogo, interrogandosi sulle ragioni che sono alla base della loro scelta di separarsi. Il flusso ininterrotto di parole, le domande-risposte che si scatenano e la respirazione bloccata creano una sorta di maratona tra paura e liberazione: è proprio lì, nel mezzo del momento doloroso, che Pascal Rambert ci porta, senza temere di disturbare, di creare dubbio, di immergerci nei meandri di una storia che porta inesorabilmente alla rottura.

Ma “Clôture de l’amour” può anche essere un inizio, perché “clôture”, che in italiano non si può tradurre esaustivamente con chiusura, significa anche racchiudere. Lo spettacolo, infatti, racchiude lo spazio dedicato all’anima, lo spazio che definisce l’individuo come un territorio in carne ed ossa da difendere. È un linguaggio essenzialmente organico e persino coreografico, in cui Anna e Luca, i due personaggi che si affrontano sul confine del palcoscenico, costruiscono con le parole una barriera di filo spinato che li divide, ripetendo in continuazione, in modo ossessivo, espressioni che sembrano vorticare nei loro corpi.

“Se dovessi andare più a fondo in quello che sento, lo descriverei come un testo di danza” dice Pascal Rambert. Una danza mentale in un certo senso che porta alla luce il movimento invisibile dell’anima e dei nervi in palcoscenico. Si potrebbe dire che i corpi non si muovono, eppure si lascia il teatro con la sensazione che è questo che hanno fatto per tutto il tempo: muoversi e combattere una battaglia interiore, rivelata allo spettatore grazie all’abilità di costruire il movimento dal puro linguaggio, come se la scena non avesse altro scopo che questa virtualità.

Due sguardi, due parole, due corpi e due silenzi per raccontare la violenza di un amore che muore, cercando di far emergere il più possibile l’universalità di questa circostanza. Alla domanda “Chi amiamo quando amiamo?” Pascal Rambert non dà nessuna risposta, ma si aggira semplicemente nelle possibilità, senza rifiutare quei luoghi comuni che usano almeno una volta due persone che si separano, che cercano assieme le ragioni del proprio disamore.

 

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