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(Video) Dasein, essere nel tempo. Sergio Fiorentino ci spiega come fare

“Dasein, essere nel tempo”. Questo è il nome del lavoro svolto dall’artista Sergio Fiorentino, che in questi mesi ha abbellito la manifestazione Effetto Noto 2015. Un riscontro positivo in termini di affluenza e di vis artistica.

Noto, 21 settembre 2015. A ben vedere è stato uno dei punti di forza di questo Effettonoto 2015. Stiamo parlando di Sergio Fiorentino, con la sua mostra Dasein, essere nel tempo, a cura di Alberto Mattia Martini, un curioso viaggio immanente che sintetizza artisticamente la condizione dell’essere umano e la sua capacità di essere nel mondo, mediante alcuni espedienti fortemente innovativi che l’artista ai nostri microfoni ci ha dettagliatamente spiegato.

Si comincia con il forte rapporto che lo lega alla città di Noto, che per certi versi è divenuta la musa ispiratrice dell’artista, per la sua ammaliante bellezza e per le forti e colorate tinte che contraddistinguono il nostro paesaggio e che Fiorentino ci ha confessato far rivivere nelle sue opere.

In tedesco, Dasein è sinonimo di esistenza. Dasein, come essere costituito dalla sua temporalità, illumina ed interpreta il significato di essere nel tempo. Come viene trasformata questa concezione in arte? Bene, mediante l’iperrealismo adottato da Fiorentino.

“Un realismo, anzi un iperrealismo  che si applica soprattutto ai volti, in cui ho tentato di rivelare la conoscenza e l’approfondimento di certa iper-ritrattistica contemporanea, che spazia su varie direzioni figurative e che attrae soprattutto molta giovane pittura di oggi. Il volto dettagliatamente zoomato diventa l’icona privilegiata: una sequenza di volti rappresentate con un segno moderno, che evoca tuttavia stilemi classici per una predilezione plastica, per una volumetria carnosa, che echeggia la forma essenziale della scultura antica”, ci ha confermato Sergio Fiorentino.

I suoi volti sembrano manipolati dalla mano anziché dal pennello, come fossero di terracotta, di marmo, vere sculture dipinte. E non sono volti disumanizzati: anzi presentano una forte componente di umanizzazione tale da apparire  realistici come emblema di una riconquista dell’uomo, di sé. Infatti il tentativo che fa Fiorentino nel rappresentare il soggetto nella realtà, risulta un esempio paradigmatico di come noi possiamo immaginare qualche cosa solo sulla base dei propri ricordi e di ciò che si avverte e si percepisce. Se la scienza afferma che non possiamo uscire da noi stessi, Sergio Fiorentino con i suoi Gemelli ad esempio,  partendo dal ritratto di una persona da lui caratterizzata, ne raddoppia l’immagine, forse modificandone impercettibilmente l’espressione, come se avvenisse uno sdoppiamento della personalità. La sensibilità dell’artista, giunge in questa serie ad emanare addirittura una sorta di empatia cognitiva con il soggetto ritratto, andandone a spiegare ed interpretarne le emozioni. Un esempio creativo a metà tra filosofia ed espressione artistica.

Ricordiamo che alcuni pezzi della sua mostra sono ancora visibili fino ad ottobre presso lo studio Barnum di Vincenzo Medica a Noto.

 

Corrado Tardonato

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