CronacaProvincia di AgrigentoProvincia di CataniaProvincia di PalermoProvincia di RagusaProvincia di SiracusaRegione

|L’Editoriale| Morte di Riina: è davvero finita quando è finita?

Morto un Capo se ne fa un altro.

Palermo, venerdì 17 novembre 2017 – “Ma è davvero finita quando è finita?” Chiederebbe Marzullo. Ce lo chiediamo anche noi. E’ morto Totò u curtu, quel Totò che è stato il rappresentante di Cosa Nostra, sinonimo di mafia in Italia e nel mondo, rappresentante della peggiore Cosa Nostra, quella degli omicidi, delle stragi, della paura, dell’omertà. Quella che ricordano con orrore coloro che hanno vissuto in pieno gli anni ’70, ’80 e ’90.

Strane coincidenze aleggiano: stava scontando 25 ergastoli ed era arrivato a quasi 25 anni di carcere col 41 bis, rinchiuso dopo 25 anni di latitanza, muore a 25 anni di distanza dalle stragi di Capaci e via D’Amelio.

100 circa gli omicidi a suo carico, tra cui un bambino sciolto nell’acido. Una vita passata ad uccidere, a lottare contro lo Stato. “ I corleonesi non hanno bisogno dello Stato, qui lo Stato sono io”. Diceva. Ma lo stato reagisce e crea il pool. Quel pool che porterà al maxiprocesso, primo al mondo nel suo genere. E’ la stagione dei processi e del carcere. Quel carcere in cui “la belva”, come lo chiamava il suo referente politico Vito Ciancimino, tutto farà tranne che pentirsi.

“Ma Capo di chi? – si chiede oggi Rita dalla Chiesa, il cui padre è stato ucciso proprio da Riina – Capo di chi? Boss di cosa? Uno che è stato costretto a vivere di nascosto, che ha finito i suoi giorni in carcere, che è morto lontano dai familiari, che ha condotto una vita di schifo… Capo di chi? Di cosa? Credo che Riina sia solo un poveraccio! Pietà? Non riesco a provare nulla. Ho un flusso di emozioni che non riesco a incanalare da nessuna parte”.

Corleone oggi ha due facce: da una parte la faccia dell’avamposto, dell’antimafia, dall’altra la faccia dell’omertà. Nessuno, infatti, ha voluto rilasciare una dichiarazione, solo un signore che ha detto: “Riina era un signore, quando c’era lui c’erano i soldi e c’era il lavoro”.

Per molti morto Riina muore la mafia… Pura illusione. Morto un Papa, o meglio un Capo, se ne fa un altro. Non è affatto pessimismo, è obiettività: la mafia è una struttura organizzata, radicata nel territorio, nelle menti, nelle coscienze, e oggi perfino suggellata da fiction che sembrano esaltare la mafia o per lo meno fanno della mafia qualcosa di spettacolare, e dei mafiosi degli eroi in cui molti telespettatori, ebbene sì, si rivedono e vorrebbero riconoscersi (vedi la stessa fiction di successo Il Capo dei Capi, vedi la più recente Rosi Abate).

Allora di cosa parliamo? In un mondo in cui si spettacolarizza la mafia; in un mondo in cui le nuove generazioni o coloro che hanno vissuto lontano dalla Sicilia perfino mi chiedono: “ma veramente esiste la mafia?”. In un mondo dove c’è per giunta chi si vanta di essere siciliano perchè sinonimo di “persona di rispetto”, “persona che sa il fatto suo”. No, la mafia certamente non muore con Riina. Ci sono ancora i clan, i mandamenti e i capi mandamenti e certamente adesso i vertici di Cosa Nostra si riuniranno per stabilire chi sarà il suo successore.

Intanto il Capo dei Capi, l’uomo d’onore per eccellenza, muore senza i giusti onori riservati a qualsiasi essere umano: vietati i funerali dalla Conferenza Episcopale. La Chiesa ci tiene a precisarlo: “i mafiosi sono scomunicati”.

Ma, d’altro canto, il Capo dei Capi, che fino alla fine comandava dal carcere, che fino alla fine  sorrideva con aria di sfida a chi faceva discorsi contro la mafia, perfino da morto continua a comandare. Alla richiesta di sua figlia di fare silenzio, con una foto sul suo profilo Facebook con un dito davanti alla bocca e la scritta “shhh”, i corleonesi hanno obbedito, e assaliti da una valanga di giornalisti, ai quali peraltro sono da anni abituati, nessuno ha voluto rilasciare dichiarazioni.

Quindi per tornare alla domanda iniziale: è finita? Certamente è finito un tipo di mafia, certamente muore la tragica stagione dei corleonesi. Con Riina muore una concezione monarchica della mafia, quella del leader supremo e unico che ancora pochi mesi fa, detenuto e malato, si paragonava al direttore della prigione in cui era rinchiuso definendosi davanti alla moglie “un capo come lui”, e rivendicava la sua inflessibilità: “Non mi piegheranno… Mi posso fare anche tremila anni, non trent’anni”. S’è fermato sulla soglia dei venticinque, senza svelare nulla dei segreti che custodiva. “Uomo d’onore”, fino alla morte. Muore (forse) la mafia sanguinaria, vendicativa, dalle uccisioni “spettacolari”.

Ma si aprono altre strade i cui contorni sono oscuri. E una cosa è certa: non bisogna abbassare la guardia!

Ilaria Greco

 

Pubblicità