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La manovra di Renzi, ovvero come nascondere la polvere sotto il tappeto. Il punto di vista di Nicola Bono

“La più grande capacità del giovane leader italiano non è tanto nella sperimentata dialettica, esercitata senza risparmio di fiato, in un profluvio di interventi spesso incentrati sull’autoesaltazione della sua presunta taumaturgica attività di governo, bensì nell’affrontare i temi con disinvolta incoerenza e oggettivo scollegamento con il disegno complessivo, in guisa da rendere difficoltosa la  valutazione sulla loro effettiva efficacia”. si esprime così l’onorevole Nicoloa Bono in merito alla manovra finanziaria di Renzi, definito dallo stesso un vero giocoliere che nella manovra finanziaria 2016 ha raggiunto livelli d’eccellenza. “Una manovra finanziata con il deficit – dice Bono – che distribuisce le poche risorse, ottenute con l’incremento dell’indebitamento, a pioggia e sotto forma di pochi spiccioli a tanti soggetti che, come nella manovra del 2015, non solo non produrranno effetti sulla riduzione della pressione tributaria a favore dello sviluppo, ma neanche sull’aumento dei consumi e che viene strombazzata come la prima inversione del “rigore” in politiche espansive per sostenere la ripresa economica. Un bufala totale, fondata su una bugia istituzionale e cioè che l’Italia, in ogni caso, manterrebbe i patti perché rispetterebbe il tetto del 3 per cento di deficit nel rapporto debito-PIL. Purtroppo però la verità è che i patti sottoscritti a tutela dell’euro zona sono  un pochino più articolati e non a caso prevedono la riduzione del 3 per cento nel triennio 2016-2018 che, di fatto, questa manovra  non solo smentisce, ma rende incoerenti e irrealizzabili. Alzare infatti il deficit programmato dall’1,4 al 2,2 per cento, non solo determina un peggioramento dei conti e un aumento del debito pubblico, che il nostro Paese è tenuto a ridurre, ma sposta solo di un anno il momento in cui l’Italia sarà chiamata al rispetto degli accordi, pena l’immediata attivazione delle clausole di salvaguardia nella misura di oltre 50 miliardi di Euro, tra il 2017 e il 2018, con devastanti aumenti delle aliquote IVA e delle accise. Questa manovra, quindi, è come fare le pulizie nascondendo la polvere sotto il tappeto, e più che una azione economica seria ha tutti i connotatati di un azzardo, non solo per la precarietà sconfortante delle coperture, ma per la ripetitività di pratiche tipiche della Prima Repubblica. Ed è questo l’aspetto in assoluto più grave. La manovra in atto è eseguita e concepita con le medesime  modalità che hanno portato il nostro Paese alla rovina e cioè distribuzione del debito pubblico sotto forma di mance con scopi clientelari ed elettorali, assenza di interventi finalizzati a sciogliere i nodi dello sviluppo, incapacità di concepire strategie di governo di largo respiro, ma un unico obiettivo e cioè la spasmodica ricerca del consenso a breve termine. Anche l’hastag #italiacolsegnopiù suona falso e beffardo, laddove si consideri che i risultati alquanto miseri della timida crescita dell’economia nazionale, sono l’effetto di una congiuntura internazionale unica nel suo allineamento cosmico di fattori positivi, che avrebbe bisogno di ben altra gestione nel nostro Paese per essere potenziata e consolidata. Fra un anno ci sarà l’inevitabile resa dei conti, e gli errori di questa finanziaria, soprattutto in materia di mancata riduzione strutturale delle pressione tributaria sul lavoro e sulla produzione, sarà la cifra politica del fallimento dell’ennesimo “Pifferaio Magico” che ha illuso gli italiani di essere uno statista e un riformatore e che invece, accecato dalla caccia al consenso a tutti i costi, ha fatto la guerra all’unica vera azione politica a tutela del bene comune costituita dal risanamento dei conti pubblici. Il punto politico, infatti, è che il risanamento dei conti non è un favore all’UE, né una violenza ai nostri interessi nazionali, ma l’unico modo, insieme alle vere riforme, per uscire dalla morta gora di un declino che è determinato da limiti strutturali del nostro sistema economico, cui è inibita fortemente ogni capacità competitiva. Rompere questo giogo – conclude Bono – operare per un nuovo contesto economico e sociale, ridurre i privilegi dei ceti dominanti e riequilibrare diritti e doveri degli italiani, a beneficio soprattutto dei produttori e dei giovani, è la vera misura di un processo riformatore mai iniziato e, perfino, strumentalizzato da annunci di finteriforme che, come in passato, hanno solo una valenza gattopardesca”.

Ilaria Greco

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