CronacaRegione

“Ci siamo salvati aggrappandoci ai cadaveri”. Le agghiaccianti testimonianze dei sopravvissuti.

di Ilaria Greco

“Ci siamo aggrappati ai corpi morti per salvarci”. Il racconto disperato dei sopravvissuti strazia il cuore e rivela venature agghiaccianti di quello che ormai è stato definito il peggior disastro nel Mediterraneo. Un viaggio della speranza dalla Libia verso l’Italia, la nuova terra promessa per centinaia di migliaia di disperati che giungono dall’Africa dilaniata dalle guerre e dalla povertà, invece si è trasformata in un’ecatombe di migranti. C’è solo orrore in tutto questo, lacrime, disperazione. E forse anche un po’ di indifferenza. Perché al muro del silenzio e del pianto che ha scalfito queste ore, si oppone quella dell’Europa che poco ha fatto. E l’Italia si trova ad affrontare da sola questo mare in tempesta.

Dal racconto dei sopravvissuti all’ecatombe emergono sempre più dettagli su quanto accaduto. Come raccontato dai superstiti, lo scafista, forse nel tentativo di nascondersi, avrebbe condotto il barcone contro una nave mercantile portoghese, che era arrivata nelle vicinanze per prestare soccorso. Una versione confermata anche dai pm di Catania secondo i quali il naufragio sarebbe dovuto a due cause: lo spostamento dei migranti sull’imbarcazione, che era sovraffollata, e l’errata manovra dello scafista che l’ha portata a collidere con il mercantile King Jacobs.

Non è ancora chiaro il numero esatto delle vittime, si stima che a bordo del barcone ci fossero circa 850 migranti“.

Quel che è certo è che ad oggi sono solo 28 gli scampati a questa immane tragedia che sono arrivati, a bordo della nave Gregoretti della guardia costiera poco prima di mezzanotte nel porto di Catania. Sull’imbarcazione erano complessivamente 27 i superstiti (uno era stato trasportato d’urgenza in elicottero) e tre di loro sono accompagnati dalla polizia di Stato in una struttura riservata per essere sentiti come testimoni. La loro ricostruzione dei fatti è ritenuta importate dalla Dda della Procura di Catania che vuole ‘cristallizzare’ e tenere ‘incontaminata’ la loro ricostruzione.

Intanto, proprio grazie alle testimonianze, sarebbero stati individuati i due presunti scafisti: un tunisino ritenuto il comandante del peschereccio naufragato, e un siriano, suo assistente di bordo.

“Eravamo in 950 – ha raccontato il primo superstite sentito che ha fatto rabbrividire il mondo intero – C’erano anche duecento donne e 50 bambini con noi. In molti erano chiusi nella stiva con i portelloni bloccati”. Sono morti come topi in gabbia. Sono andati giù, in fondo al mare, senza neanche poter provare a salvarsi, ad aggrapparsi ad un pezzo di legno, al braccio di qualcuno. Sono morti senza poter lanciare un ultimo, disperato, urlo.
Non c’è fine all’orrore nel canale di Sicilia. Non c’è fine alla cattiveria dell’uomo. La strage di Lampedusa doveva segnare il punto di non ritorno; il “mai più” che papa Francesco, proprio da quell’isola bella e dannata, lanciò al mondo. E invece è arrivata una strage ancora più grande, oltre la quale non si può e non si deve più andare. Che questa tragedia metta la parola fine e si faccia qualcosa di concreto per evitare perdite di altre vite umana. E’ ora di dire basta.

Ilaria Greco

Pubblicità